Definizioni complesse/6: fascista

mussolini fascismo fascista

La definizione di cui ci occupiamo oggi è decisamente complessa: parliamo infatti dell’aggettivo “fascista”.

È complesso definire precisamente cosa voglia dire, oggi, essere fascista. Per farlo dobbiamo superare il limite storico che questo aggettivo si porta dietro. Perché indubbiamente il fascista era il militante del movimento/partito fondato da Benito Mussolini. Tuttavia (e io dico purtroppo) l’ideologia e il “modus operandi” fascisti non si sono estinti con il regime che dominò l’Italia nel ventennio nero. Diverse, infatti, sono state le compagini parlamentari ed extraparlamentari che hanno portato avanti i (dis)valori fascisti nel dopoguerra. Ma sarebbe ancora troppo limitante, secondo me, definire fascisti esclusivamente i seguaci di quelle formazioni.

Provo a spiegarmi meglio: il fascismo secondo me non è tanto un’ideologia politica, è piuttosto uno stato d’animo, un modo di approcciarsi al mondo. È il fastidio che si prova nei confronti del dissenso, nei confronti del diverso da te. È il non pensare che la violenza, fisica e verbale, utilizzata per affermare le proprie idee sia sempre e comunque sbagliata. È il pensare che il fine giustifica sempre i mezzi, è il disprezzo per la dignità umana, dei più deboli o di coloro che sono in difficoltà. È il nutrire il culto della potenza e dell’individualismo come valori assoluti. Quando questi (dis)valori si affermano a livello governativo, il regime che li promuove diventa inevitabilmente: fascista. O meglio, diventa totalitario.

stalin propagandaIn questa ottica, poco importa se i portatori di questi (dis)valori siano stati avversari della rappresentazione storica del fascismo o provengano da basi ideologiche “di sinistra”. Per intenderci: Stalin è stato storicamente un anti-fascista, avendo combattuto il fascismo di Mussolini, e definiva il proprio un regime comunista; ma cionondimeno era un sanguinario dittatore fascista.

In Italia molti movimenti extraparlamentari di sinistra radicale si consideravano antifascisti (e lo erano): ma non riesco a pensare niente di più fascista che gambizzare i propri avversari politici, o gioire per la morte di un commissario di polizia ritenuto un nemico politico.

Riassumendo: per non essere considerati fascisti non è sufficiente essere antifascisti storicamente, ma è necessario non assumere atteggiamenti fascisti.

Domenico Cerabona

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

21 risposte a “Definizioni complesse/6: fascista

  1. Secondo mè il tuo è un discorso semplicistico che non tiene conto del clima dell’epoca, quante sezioni del PCI avevano appesa al muro il ritratto di Stalin? Eppure nelle sezioni del PCI militavano tanti partigiani, dopo i fatti d’Ungheria i militanti del PCI che si erano scagliati contro l’invasione sono stati espulsi dal partito, cosa vuol dire che chi non è stato espulso o che non ha preso posizione contro l’invasione era complice di una dittatura fascista? Miglioristi compresi? Secondo me l’analisi è approssimativa. Rispetto alla sinistra extraparlamentare di cui io ho avuto il piacere e l’onore di militare era di fatto anti stalinista, noi facevamo le manifestazioni contro l’invasione di Praga fatta dai sovietici esattamente come anni prima le facevamo contro l’invasione del Vietnam da parte degli americani. Rispetto alle persone gambizzate mi pare che ci sia una differenza di fondo tra quelle frutto di una esasperazione tragica della lotta di classe e le stragi di piazza fontana di piazza della loggia dell’italicus e della stazione di Bologna.

    • Alberto, credo che prima di Kruscev e della destalinizzazione del PCUS non vi era colpa alcuna da parte dei comunisti italiani nell’appoggiare il regime di Stalin. Dopo le cose sono cambiate anche grazie all’opera di Giorgio Amendola. Quindi alla tua domanda rispondo con un secco no. I comunisti italiani non avevano responsabilità per le colpe del regime di Stalin, non era affatto questo quello che volevo dire.
      Per quanto riguarda la sinistra extra parlamentare io mi riferivo più che altro alle Brigate Rosse e a Prima Linea. Per Lotta Continua, secondo me, il discorso è un pochettino differente, anche se credo che Sofri sulla vicenda del commissario Calabresi abbia fatto gravi errori.
      Per quanto riguarda la differenza tra le stragi fasciste e l’esasperazione della lotta di classe, non posso concordare: la violenza è sempre inaccettabile, secondo me.
      Domenico.

  2. In pratica, come molti giovani dei tempi attuali, tendi ad adattare un termine con un significato ben preciso cercando di modernizzarlo, se così si può dire… Non approvo. Mi ricorda un po’ determinate formazioni politiche che accusano di essere comunista chiunque si ponga alla loro sinistra… Sono ragionamenti che tendono a semplificare eccessivamente le idee e i modi di pensare riducendoli ad un dualismo: fascista e antifascista, comunista e anticomunista, bianco e nero.

  3. A mio avviso la traccia che esponi all’interno di questo articolo è più che valida però occorre fare una piccola precisazione.
    Io per Fascismo intendo un’ideologia onnicomprensiva,come del resto ogni totalitarismo, che cioè abbraccia un individuo dalla sua nascita,ne forma comportamenti,ne plagia gli schemi mentali. Alla base di ogni totalitarismo c’è questa concezione di “allevare” le persone,quindi con una socializzazione politica perenne, dalla culla alla tomba.
    Il fascismo nasce così ed è diventato sempre totalitarismo.
    Il comunismo è un’ideologia ma è diventato totalitarismo in alcune realtà,non in tutte. Il comunismo, con le sue estreme varianti, Russia e Cina, non rappresenta un modello di paragone. La sua completa attuazione non è da delineare e registrare in paesi come la Cambogia,la Cina,la Russia.Queste sono varianti esecrabili. Le violenze dei regimi comunisti non erano termini schematici e preesistenti alla base del comunismo. Nel fascismo e\o nel nazifascismo si.
    Questa a mio avviso è la sottile differenza.
    Il PCI ha tutta un’altra storia.Lasciando da parte gli ovvi e gravi errori del PCI nel momento in cui si è rifiutato di condannare le violenze del Partito comunista Russo, e di allontanare personaggi che con la politica volevano solo guadagnare, non vedo quali altri “crimini” ha commesso un partito che non si è mai macchiato di vigliaccherie,di porcherie, di violenze, cose che ovviamente hanno interessato il Fascismo tutto.

  4. Domenico vorrei ricordarti che Kruscev non era pasta per fare ostie, l’invasione della Cecoslovacchia l’ha decisa lui, aveva condannato i crimini di Stalin ma nei paesi satelliti si comportava nella identica maniera e, mi dispiace dirlo, ma il PCI ha tentennato. Comunque bisogna entrare nel contesto storico dell’epoca per cercare di dare un giudizio obiettivo, pertanto non sono assolutamente d’accordo nel paragonare i crimini di Stalin con i crimini fascisti, ti faccio un esempio: Stalin mandava gli oppositori nei gulac e se poi morivano era per il freddo siberiano quelli che sopravvivevano a fine pena uscivano, i nazifascisti avevano creato i lager per lo sterminio sistematico del popolo ebraico, degli zingari, degli omosessuali e si usciva solo dal camino. Rispetto alle br e a prima linea erano a loro che mi riferivo quando parlavo dell’esasperazione della lotta di classe che condanno e non giustifico, ma sono state comunque differenti dalle stragi fasciste che ti ho elencato prima, tra la gambizzazione o anche l’omicidio di persone che venivano impropriamente definite servi dello stato o dei padroni, e le stragi di persone innocenti chi si trovavano per caso nel posto sbagliato e nel momento sbagliato solo per creare terrore e paura. Rispetto a Sofri io ritengo che sia innocente.

  5. Dato che ne abbiamo già discusso più e più volte, mi limito a ribadire la mia personale opinione in proposito: la definizione di “atteggiamenti fascisti” che tu fai la trovo sbagliata, e al limite del capzioso. Il fascismo è stato un regime totalitario, violento e basato sul carisma di un unico “leader”. Se vogliamo darne una definizione al giorno d’oggi, non si può prescindere comunque da questi tre aspetti, ovvero, non si può marchiare come “fascista” qualsiasi comportamento violento con connotazioni politiche: esistono anche forme di violenza non fasciste, come ad esempio quelle dei black-block e dei gruppi anarchici.
    Ovviamente sono da condannare, come la maggior parte delle violenze, ma non si possono definire fasciste in quanto il motore ideologico alla base di esse non ha nulla a che vedere né con l’autoritarismo, né con il totalitarismo.

    Quanto poi all’estensione alla violenza verbale del concetto, trovo che sia innanzitutto profondamente sbagliata, e inoltre pericolosissima.
    Qui si parla di stigmatizzare come “fascista” (e quindi seguace di un’ideologia ONTOLOGICAMENTE sbagliata, questo mi preme sottolinearlo) chiunque si renda protagonista di un comportamento sulla definizione del quale c’è tutto meno che univocità.
    Come distingui la violenza verbale da una semplice franchezza esente da politically correct? Dire che Berlusconi è un criminale vuol dire essere verbalmente violenti e quindi fascisti? Se lo chiedi a Berlusconi sicuramente sì. Anche Mussolini probabilmente considerava Matteotti una persona verbalmente violenta, quindi “fascista” (dove a “fascista” va sostituito qualunque termine atto a stigmatizzare la violenza verbale altrui si usasse all’epoca).
    Il ricondurre l’avversario (politico e non) ad un’ideologia unanimemente considerata “sbagliata e criminale” è sempre stato il primo passo di ogni regime totalitario, ed è sempre stato il movente con cui si sono poi giustificate le atrocità seguenti.

  6. Buonasera,
    mi chiamo Federico Mosso e mi piace molto il motto che Tagli ha voluto imprimere sulla sua pagina: “Visto che la neutralità è per i vigliacchi, noi vi diciamo come la pensiamo: siete invitati a fare altrettanto.”
    Orbene, colgo l’invito.
    Il fascismo. Si tocca un tema importante del XX secolo e lo si sintetizza con un minestrina di luoghi comuni da chierichetti.
    Analizzo l’articolo.
    1) Il fascismo è il fastidio che si prova nei confronti del dissenso. Il fascismo nacque dalle braccia e dalle menti di un manipolo di meravigliosi pazzi visionari. Il fascismo rivoluzionario e primordiale è egli stesso dissenso. Dissenso verso la borghesia ipocritamente moderata. Dissenso verso la politica ciarliera. Dissenso verso la morale dei più. Dissenso, dissenso, dissenso. I fascisti, i veri fascisti del novecento, erano i pochi che hanno saputo addomesticare i più attraverso una fede politica sincera, attraverso l’interesse (per vasti strati dell’industria e del latifondo), e, ovviamente e non lo nego, attraverso la paura (condizione necessaria per addomesticare il gregge belante e ignorante del tempo – l’Italia era cosa un po’ diversa da oggi). Il fascismo è dissenso. Lo era nel 1919-1922 , lo era nel dopoguerra, lo era negli anni ’70, lo è oggi attraverso forme anche individuali, non riconducibili a partiti e sigle.
    2) Disprezzo della dignità umana. Il fascismo italiano, durato e sostenuto dagli italiani per oltre vent’anni aveva in realtà proprio la ricerca della dignità. Uno degli obiettivi supremi del fascismo fu di tentare di elevare la Nazione, dal punto di vista sociale ed economico ad un rango prestigioso. Si cercava il giusto posto per l’ Italia tra il club dei grandi. Le azioni intraprese nell’alfabetizzazione, nell’industrializzazione, nell’elevare le classi più disagiate, nel progresso della tecnica, nelle imprese oltremare furono i tentativi, in certa parte riusciti, a rendere l’italiano fiero della propria collettività e bandiera. Con la frase scritta da Cerabona si riduce il fascismo a visioni di manganelli, mascelle squadrate e scene pasoliniane da “Salò o le 120 giornatedi Sodoma.”
    3) Riassumendo: per non essere considerati fascisti non è sufficiente essere antifascisti storicamente, ma è necessario non assumere atteggiamenti fascisti. Ma cosa deve rappresentare questa equazione? Se sei antifascista vero non ti azzardar ad alzare la voce perché sennò sei fascista! Fascista! Chi io? No, tu! Fascisti! Mah.
    La tesi dell’articolo è questa: se sei violento sei fascista. Violento = fascista. La rifiuto. Accomunare poi Stalin a un qualsiasi fascista è un’immondizia. L’ambizione dell’autore è quella di inserire (in ritardo di 30-40 anni) l’aggettivo fascista non come portatore di un’idea, criticabile e studiabile ma dall’indubbio valore storico, ma come la sintesi della malvagità, della violenza, della prevaricazione.
    Per favore, basta.

    Federico Mosso

  7. Federico Mosso, sono certo che i membri della redazione saranno felici di risponderti in toni meno caustici dei miei, ma in attesa del loro intervento, ti espongo qualche piccola considerazione personale sul delirio di puttanate che leggo qui sopra.

    “Il fascismo è dissenso”

    E quindi? Qualunque idea è “dissenso” nel momento in cui esiste un’altra idea contrapposta ad essa. Con la piccola differenza che portatori di altre ideologie (non di TUTTE le altre ideologie, sia chiaro, il fascismo non è l’unica ideologia deviata per coglioni e infami che ha infestato questo mondo) non facevano bere l’olio di ricino a coloro nei confronti dei quali “dissentivano”.

    “I fascisti, erano i pochi che hanno saputo addomesticare i più attraverso una fede politica sincera, attraverso l’interesse, e attraverso la paura (condizione necessaria per addomesticare il gregge belante e ignorante del tempo – l’Italia era cosa un po’ diversa da oggi).”

    Il credere in ciò che si fa è uno dei presupposti di qualsiasi totalitarismo, è una delle cose che differenziano i regimi totalitari dalle dittature, esattamente come l’uso intensivo della propaganda.
    Ora, ammettendo che i fascisti fossero in buona fede, cosa hai dimostrato? Lo erano anche i crociati, i conquistadores, gli inquisitori, i nazisti, e i comunisti di Stalin, questo li rende meno criminali e assassini? Quanto alla paura invece, dici proprio stronzate: non veniva utilizzata per addomesticare il gregge degli ignoranti, per quello bastava la propaganda, infatti il gregge era tutto dietro al duce: la paura serviva a reprimere il dissenso di chi ignorante non era, come Giacomo Matteotti. Infatti in Italia gli ignoranti, che non sono diversi da quelli di ieri, tendono ancora a sbavare dietro al carisma di un individuo, invece che sforzarsi di pensare. La differenza è che oggi se uno vuole pensare può ancora farlo (purché non in TV, sia chiaro).

    “Il fascismo è dissenso. Lo era nel 1919-1922 , lo era nel dopoguerra, lo era negli anni ’70, lo è oggi.”

    Mio caro, non puoi decidere che il fascismo è quello che dici tu: il ventennio fascista è quello in cui il duce governava l’Italia. Se secondo te il vero fascismo era prima e dopo, ma non durante il ventennio, è opportuno che tu ti metta d’accordo con dizionari e libri di storia.

    “Uno degli obiettivi supremi del fascismo fu di tentare di elevare la Nazione, dal punto di vista sociale ed economico ad un rango prestigioso.”

    La dignità umana non si persegue elevando una nazione. Se ogni giorno in una nazione vengono commessi crimini contro l’umanità, quella non è una nazione degna, anche se tutti sono fieri della loro bandiera.

    “Si cercava il giusto posto per l’ Italia tra il club dei grandi.”

    Infatti nel 1945 l’Italia era rasa al suolo e occupata. Ottimo lavoro.

    “Le azioni intraprese nell’alfabetizzazione, nell’industrializzazione, nell’elevare le classi più disagiate, nel progresso della tecnica, nelle imprese oltremare furono i tentativi, in certa parte riusciti, a rendere l’italiano fiero della propria collettività e bandiera.”

    Se insegni alle persone a leggere, ma poi fornisci loro solo i cinegiornali di regime non stai alfabetizzando la popolazione, la stai lobotomizzando, che è una cosa un po’ diversa.
    E se l’italiano si sente fiero della propria collettività e bandiera perché il suo paese è riuscito a bombardare con le armi chimiche un paese di pastori africani, è solo il segno che la lobotomia è riuscita particolarmente bene. Io mi sento fiero di essere italiano quando ho a che fare con Giacomo Puccini, Leonardo da Vinci e Enrico Fermi, non quando mi dicono che la bandiera dell’italia sventolava più in alto in mezzo a tanta gente morta.
    E lo stesso concetto di “fiero di essere italiano” è una mezza stronzata: si è fieri di qualcosa che si è fatto, o che si è capaci di fare e che riteniamo ci collochi più in alto degli altri. Non c’è alcun merito ad essere nati qui piuttosto che là, e se fossimo nati in Francia saremmo tutti fieri di essere francesi.

    “La tesi dell’articolo è questa: se sei violento sei fascista. Violento = fascista. La rifiuto.”

    Infatti, è sbagliato l’uso del connettore logico “se” che, per chi non lo sapesse, non è simmetrico (quello è il connettore logico “se e solo se”). Infatti NON è vero che chi è violento è necessariamente fascista.
    In compenso, è vero che chi è fascista è necessariamente violento, e in quanto tale va isolato e possibilmente ostracizzato.

  8. Però. Speravo di aver trovato una discussione intelligente per scambiare idee e opinioni, ma in realtà il primo commento che mi ritrovo è piuttosto demoralizzante.
    Un delirio di puttanate… Mi si addita contro con volgarità ragliante.
    Luca ignora il 1919, ignora la prima guerra mondiale, ignora una vittoria mutilata e ingrata, ignora il contesto storico del primo dopoguerra, ignora la situazione economica difficilissima di quegli anni, ignora una monarchia incapace, ignora un rischio di sovietizzazione del Mediterraneo, ignora che eravamo un paese di contadini arretrati rispetto alle nazioni d’Europa, ignora i gesti di tutte le altre nazioni civilizzate in termini di colonialismo e durezza, ignora, essendo asino, che l’Italia non era pronta per una democrazia come lo diventò quarant’anni dopo. Soprattutto s’ignora il grande consenso che ci fu alla base del fascismo, consenso che chi basa la propria conoscenza storica su un paio di capitoli letti in libri di testo alle medie, tende a negare con cocciuta violenza, tappandosi occhi e orecchie da servo del buono e pacato pensiero comune.
    Ho conosciuto molte persone interessanti che la pensano all’opposto di me, orgogliosamente di sinistra, per cui provo gran stima e per cui è quasi un piacere confrontarsi sui temi scottanti del nostro passato. Tu non fai parte di quelli.
    Bene, anzi male. Lasciamo perdere le considerazioni politiche e difesa storica. Ormai siamo tutti grandi e cresciuti e non sarò di certo io a imporre la mia idea su chi si è già formato e ha la presunzione di esser tale. Considera pure il fascismo come l’accozzaglia di criminali che ritieni essere. Un’accozzaglia durata tra l’altro vent’anni.
    Concentriamoci invece su quello che mi premeva più dire. La mia è una critica sull’ assoggettare il termine fascismo inteso come violenza politica a qualsiasi forma di essa. Sia di sinistra che di destra. La violenza di destra ce n’è stata e molta. Non sono mica così pazzo da negarlo. Le perversioni razziste ne sono una prova che anche i muri sanno ormai. Però perché diavolo allargare la colpa dei crimini di quella parte a tutta la mostruosità totalitaria? Non ha senso, è una storpiatura storica. Gli affamati di Ucraina degli anni ’30 che cadevano a milioni per fame? Dissenso=violenza=fascismo. La rivoluzione culturale maoista? Dissenso=violenza=fascismo. La mostruosità cambogiana? Dissenso=violenza=fascismo. Brigatismo rosso? Dissenso=violenza= fascismo .
    No.
    Il fascismo ha ucciso Matteotti. Il fascismo ha approvato la bestialità delle leggi razziali. Il fascismo ha spaccato crani in Pianura Padana nei turbolenti anni ’20. Questa è violenza fascista, che chi studia la storia con un certo rigore, riconosce.
    Il comunismo è un’altra cosa. A ciascuno i suoi crimini. Le colpe infinitamente più gravi e truculente lasciamole all’ URSS e ai suoi padri, noi teniamoci i nostri scheletri nell’armadio.

  9. Partecipo alla discussione col mio account personale per levare qualunque pretesa di autorità che il profilo Redatagli potrebbe implicare.
    Cionondimeno, cerco di fare un po’ da paciere, ché qui sopra di guerre di religione nessuno sente il bisogno: soprattutto di fronte a una questione spinosa; soprattutto tra persone molto intelligenti e pronte come Luca, Domenico e Federico.
    In particolare, Federico [cui al massimo posso rimproverare il linguaggio magniloquente, che magari ha generato confusione e ha fatto sembrare il suo discorso un po’ troppo impostato, quasi “d’altri tempi”: peccato venialissimo, anche perché Federico non solo scrive, ma È così; sarebbe come se qualcuno mi rimproverasse la punteggiatura nevrastenica ] è un appassionato studioso di storia, che ho conosciuto prima per iscritto e poi una sera dal vivo. Con “appassionato studioso” intendo roba molto seria, al di là di sussidiari divulgativi: di base, quando Federico prende posizione su una questione di storiografia, io ho buona norma nel starlo a sentire. Poi magari si hanno presupposti, culture e opinioni diverse; ma data la sua preparazione io sconsiglio di approcciarlo con pregiudizio – anche perché la storiografia non è una scienza esatta, come ad esempio la Fisica di Luca.
    Sul merito, apprezzo il discorso di Federico, e credo che egli concordi anche con il Luca più invelenito nel chiamare “brutali” gli episodi del ventennio che brutali lo sono stati. Credo però che, nella querelle tra Domenico e Federico (che è rimasta ampiamente nei toni della civiltà, al contrario dell’altra), ci sia un’incomprensione di fondo – come ho detto altrove: Federico si occupa di un punto di vista di valutazione storica dell’aggettivo; Domenico si rivolgeva al senso comune dell’aggettiva, aggiungendoci una rischiosa connotazione personale (rischiosa perché sapeva perfettamente di toccare tasti controversi: se ne è assunto la responsabilità e di questo lo ringrazio).
    Non sono mai stato un fan di Hegel, ma credo che dai due discorsi possa in qualche modo venir fuori una sintesi apprezzabile, perché partono da due presupposti diversi e uno non falsifica l’altro.

  10. Sono molto contento che questo mio post sia stato in grado di suscitare un dibattito così fruttuoso, mi auguro solo che si mantenga su toni civili.

    Entro nel merito di quanto dice Federico. Il tentativo di Federico è un raffinato e in qualche modo celato tentativo di revisionismo. In sostanza si cerca di dare fondamento teorico al fascismo in modo da poter astrarre l’etica fascista dalla sua rappresentazione storica. In questo modo si cerca di dire la stessa cosa che si può senza dubbio dire del comunismo: quello reale è del tutto diverso da quello teorico.
    Questo è un tentativo ammirevole (non secondo me, ma sono convinto che qualcuno lo trovi ammirevole), ciononostante è un tentativo che non trova nessun fondamento nella storiografia e nella scienza politica. Il fascismo infatti non ha basi teoriche e filosofiche, essendo stata una risposta della società borghese ai sommovimenti sociali italiani, è stato un mix creato ad arte da un manipolo di spregiudicati che nella loro vita avevano provato in tutti i modi di andare al potere. Tutti sanno delle origini socialiste di Mussolini ma per esempio molti pochi sanno che Bombaci è stato l’artefice della scelta del PSI di sostituire nel proprio simbolo il garofano con la falce e il martello. Insomma erano persone con pochi scrupoli che hanno intercettato il malessere sociale e lo hanno rivolto contro una classe politica che non era in grado di gestire una società che stava cambiando in maniera tumultuosa.
    Pertanto lo squadrismo non è una deriva del fascismo ma è IL fascismo. Il fascismo nasce come risposta violenta agli scioperi, alle richieste di progresso e di avere voce in capitolo da parte di masse popolari che si affacciavano per la prima volta sulla scena democratica.
    Il paragone con le basi teoriche del socialismo e del comunismo non regge minimamente, in quanto tra le prime pubblicazioni teoriche e scientifiche e i prodromi di socialismo reale passano lustri.
    Invece l’unico tentativo di dare dignità intellettuale e teorica al fascismo è ex-post: è il manifesto di Giovanni Gentile. Che è però datato 1925. Tre anni dopo la marcia su Roma.

  11. Ciao a tutti,

    entro in questa discussione per esprimere due riflessioni, una dal punto di vista filosofico, l’altra dal punto di vista storico. E’ assolutamente vero quello che dice Domenico nell’ultimo intervento, ovvero che il partito fascista alla nascita era un movimento amorfo senza un’ideologia precisa, ma a differenza del comunismo, il fascismo o meglio il pensiero fascista si evolve dopo la sua fondazione stessa come dittatura, o meglio si evolve in maniera indipendente come ideologia. Non vogli esprimere giudizi morali su di essa, ma nel 1925 abbiamo il manifesto di Giovanni Gentile e inoltre abbiamo un’espansione fuori dai confini italiani dell’ideologia “Fascismo” creando dei movimenti ispirati piu’ all’ideale che alla stessa idea di violenza. Tutti i tentativi – come del resto quelli di una societa’ comunista – fallirono, perche’ divennero dittature che tradirono gli ideali propugnati. E’ pur vero che il fascismo nasce come violenza, ma si evolve in un insieme di idee sociali e filosofiche che si espandono. Come infatti dimenticare che la Falange fondata Primo de Rivera aveva un fondamento ideologico piu’ ampio certamente di quello italiano dell’inizio ed aveva dei fondamenti e delle radici filosofiche che erano indubbiamente riconoscibili. Anche in Romania nasce un movimento fascista, che e’ ispirato ideologicamente da Codreanu. Ridurre il fascismo=violenza e’ una semplificazione, che secondo me, non tiene conto di tutto il movimento. Inoltre l’ideologia fascista (per chi non sia sicuro che il fascismo sia un ideologia, abbiamo la monumentale opera di Renzo De Felice) ha ispirato un partito che attualmente potrebbe entrare nell’internazionale socialista, ovvero il Partito Justicialista argentino, che nasce dalla figura di Peron e che trae le sue origini profonde nell’ideologia fascista italiana.
    Inoltre il fascismo, come riconosciuto storicamente e filosoficamente propugna una “terza via” tra comunismo (e socialismo) e capitalismo, basata sul corporativismo.

    Ora la riflessione storica, che si basa su una logica meccanicistica, tratta dalla fisica…
    Il movimento fascista italiano, come giustamente ribadisce Domenico, nasce come reazione “borghese” alle violenze rosse del biennio 1919-1920. E’ un movimento che oppone violenza alla violenza (non voglio dare con questo un giudizio morale ne’ su una ne’ sull’altra ideologia, mi limito a esporre i fatti). Inoltre vi e’ la paura, alimentata anche dal PCI, di trasformare l’Italia come la Russia. Il fascismo storicamente nasce, cresce, muore e risorge nel MSI, che pero’ all’ideale di violenza sostituisce un fascismo democratico, che si rifa’ soltanto al pensiero fascista nel senso filosofico. Inoltre il fascismo negli altri paesi sopravvive: in Spagna, in Portogallo e in Grecia fino a meta’ degli anni ’70. Ma un momento segna la morte del fascismo e della sua nemesi. Un momento dal quale secondo me nessuno puo’ piu’ definirsi puramente fascista o comunista, ovvero nel momento stesso in cui il muro di Berlino cade, l’ideologia comunista muore, o meglio esce sconfitta nella lotta con il capitalismo. Ma se il comunismo muore, il fascismo non ha piu’ senso di esistere.
    Io penso che chiunque si rifaccia all’ideale marxista o all’ideale fascista, come ideale, oramai possa solo piu’ essere etichettato con il termine neofascista o neocomunista, perche’ le definizioni precedenti hanno perso validita’ d’essere il 23 agosto 1989.

  12. Ciao a tutti,
    Rispetto le idee di Domenico, ben argomentate. Ci troviamo e ci troveremo in disaccordo su tanti punti, ma questo fa parte del gioco, il nostro background culturale unito al libero arbitrio ci porta ad avere posizioni differenti. Siamo uomini, non scimmie, e come tali abbiamo sviluppato il pensiero soggettivo (cosa non comune a tutti in questa nostra Patria un po’ troppo rincoglionita da un benessere sgonfiato e televisivo). Difficilmente potremo trovare visioni di critica che ci accomunano per questo tema molto delicato.
    Sì è vero faccio della revisione. Ma non s’intenda revisione come un tentativo politico di mascherare la realtà passata, s’intenda come un processo di studio approfondito per capire il perché dei fenomeni. Fenomeni storici che non possono essere ridotti a luoghi comuni o ad un’alzata di spalle superficiale. Perché c’è stato il fascismo? Domanda che apre innumerevoli spunti d’interpretazione. Ben vengano le indagini in tal senso.
    Detto questo, mi permetto di criticare l’affermazione di Domenico quando dice che il fascismo non aveva basi teoriche o filosofiche e che era solo una mera reazione della borghesia impaurita per il proprio orto. La borghesia e le classi agiate furono senza dubbio i sostenitori più accaniti del fascismo, ma dopo la sua presa al potere, dopo il 1922, dopo che la vittoria dei fascisti era ormai chiarissima (un vecchio viziaccio italiano, quello di abbracciare il vincitore DOPO la sua vittoria).
    Prima no. Nel biennio 1919-1921, militavano reduci, arditi, socialisti, idealisti. Violenti? Senza dubbio, non discuto. Borghesi privi di idea? Dissento. Nietzsche prima di tutto, e poi D’Annunzio e il futurismo di Marinetti furono i grandi ispiratori del movimento d’azione. Una vita intesa come meccanismo d’audacia, sempre. La base c’era. C’è un libro che voglio approfondire che spiega ciò: Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925) dello storico Emilio Gentile. Dovrebbe fornire alcune risposte non sporcate dalla politica e quindi più obiettive delle mie parole.
    Aggiungo che la brutalità di quegli anni era una caratteristica comune della politica. Violenza fascista con manganelli. Violenza nei moti insurrezionali marxisti. Violenza nelle istituzioni monarchiche che in piazza menavano con cariche di cavalleria. Ricordiamoci che il 1919 non è il 2013 e dico, ma questo è strettamente personale, che per potersi permettere la democrazia si deve aver raggiunto un sicuro livello di progresso sociale ed economico, come abbiamo oggi.
    In ultimo criticherò sempre con forza l’imposizione di fascismo uguale violenza. E’ un sinonimo sbagliato e ingiusto.
    Ciao.
    Federico Mosso

  13. Non per avere l’ultima parola ma mi permetto di fare alcune precisazioni.
    Il mio concetto di base teorica fa riferimento a testi specifici che sintetizzino l’ideologia fascista. Ebbene questi testi non ci sono o meglio sono i testi dei discorsi e gli atti stessi di Mussolini e del suo gruppo dirigente.
    Le fonti e le ispirazioni che dici, Nietzsche piuttosto che il futurismo, sono fenomeni culturali che hanno accompagnato e certamente favorito il fascismo ma non fanno parte della teoria fascista.
    Per rendere più chiare le cose usiamo l’esempio del Nazionalsocialismo e del Comunismo.
    Si può dire che l’opera di Nietzsche, Wagner e in generale della letteratura tedesca hanno influenzato e creato le condizioni per la nascita del Nazismo? Sì, certo. Ma si può dire che il nazismo sia il tentativo di mettere in pratica quelle teorie? Certamente no. Testo fondamentale del nazismo è il Mein Kempf, punto.
    Cosa diversa è il comunismo, il quale certamente oltre al contesto culturale e sociale, ha delle basi teoriche delle quali si può cercare di verificare l’attuazione nel socialismo reale. Non c’è, qui, bisogno di citare l’opera di Marx come fonte fondamentale del socialismo.
    Spero di non essere stato troppo criptico.

  14. A mio avviso bisogna fare un’ulteriore precisazione.
    Capisco che l’ardore mostrato nelle lunghe prose difensive da parte di Federico derivi da una conoscenza profonda del fenomeno fascista,maturato sicuramente dall’assorbimento rigoroso di numerosi testi storiografici.Su questo non discuto, la sua conoscenza,la sua cultura la si evince dalla sicurezza di ciò che scrive.
    Però non si può dire che il fenomeno fascista abbia ridato slancio, attraverso una serie di operazioni politiche volte a ridimensionare il settore dell’industria e dell’agricoltura, all’Italia tutta e su questo bisogna essere d’accordo. Per prima cosa direi che il fascismo non è stato un movimento sorto per caso, lo si poteva fermare molto prima se solo Giolitti non se ne fosse servito per ammansire il fronte operaio e la sinistra, nella speranza di poterlo poi “istituzionalizzare” successivamente, sbagliando ovviamente, perchè non aveva valutato il carattere esplosivo del fenomeno.
    Il fascismo non diventò “istituzionale” in termini “legali”. Ricordiamo(sempre se la storia non è un’opinione) i numerosi assalti alle sedi delle camere del lavoro, alle sedi del sindacato, alle sedi dei partiti avversi, con continue violenze etc etc. Quindi nel fascismo non si credeva per sentimento,ma per paura ed era l’unica soluzione visto che come ho ricordato prima anche parti della politica italiana guardavano con malcelata compiacenza al fenomeno.
    Per quanto riguarda l’ipotetico Lustro ottenuto grazie all’opera di risanamento da parte del fascismo in italia, dico semplicemente che un “grande governo” che si rispetti non censura ogni forma di dissidenza, non sancisce che l’unico sindacato ammesso è quello fascista, non indottrina le giovani generazioni sulla base del proprio credo ideologico(perchè ovviamente si ha paura che le nuove generazioni attraverso la cultura,ed il senso critico possano dare problemi in futuro e quindi maturare quello che un totalitarismo non vuole a nessun costo, cioè le forme di protesta e di dissenso), non manda a morire interi reggimenti solo perchè si voleva dare sfogo a quel sentimento coloniale, di cui il fascismo si era sempre vestito, tral’altro ottenendo, ricordiamocelo, risultati molto miseri e poco felici.
    Parliamoci seriamente. Il fascismo in italia è sorto :
    – Per la profonda analfabetizzazione della popolazione, il che comportava uno scarso senso critico e della realtà di ogni cittadino, non a caso il movimento culturale italiano doveva accettare,senza se e senza ma, di abbracciare la fede fascista per paura di essere tacciato di eversione perchè notava un consenso totale,sancito poi dalle elezioni del 24(le prime dall’approvazione della legge Acerbo)
    – Per l’avallo di gran parte della politica italiana ed ovviamente del sovrano Vittorio Emanuele III, tranne per alcuni che ebbero il coraggio di opporsi, come Giacomo Matteotti, che ahimè ed ahinoi, non servì a nulla visto che il Fascismo attraverso il suo delitto,iniziò la dittatura a viso aperto.
    – Per l’avallo ecclesiastico sancito con la firma dei patti Lateranensi. Del resto il Vaticano non ha mai alzato un dito per condannare pubblicamente il fascismo,anche perchè se ricordate Don Luigi Sturzo fu il primo a pagare per quegli accordi tra Santa Sede e Fascismo.

    Queste sono a mio avviso le ragioni principali, ma ce ne sono talmente altre che non basterebbe tutto wordpress per elencarle.
    Lieto di misurarmi con persone,che come me, iniziano a studiare perchè hanno bisogno di appagare la loro voglia di conoscenza.

    Ciro Balzano(Cibal)

  15. Pingback: Definizioni complesse/7: Comunista | Tagli·

  16. Discussione interessante e ben condotta.
    Credo che il punto debole del discorso di Federico sia stato ben chiarito da diversi interventi. L’apparato ideologico del fascismo è sostanzialmente una creazione ex-post. Le buone che il fascismo ha fatto, anche in campo economico, non devono essere assolutamente considerate come aspetti positivi pur in un quadro prevalentemente negativo.
    Questo è un problema che si pone quando si devono giudicare le dittature e si nota che molte hanno prodotto risultati buoni, a volte anche notevoli, sul piano economico. Il problema è che eventuali risultati positivi non sono mai ascrivibili all’ideologia del regime, non sono il frutto della bravura dei suoi dirigenti, ma sono la semplice conseguenza delle leggi economiche che sono, per così dire, immanenti.
    Il fascismo e le dittature in genere sono quindi sempre da condannare in toto.
    Il problema del tentativo di attualizzare il concetto di “fascismo” secondo me urta contro lo scoglio del totalitarismo. Oggi i totalitarismi, di fatto, non esistono più, almeno in Europa. Ma sarebbe arduo sostenere che non esista più un modo di pensare e di vedere le cose che, in qualche modo, si rifà al fascismo.
    Quello che l’Europa sta facendo alla Grecia, ad esempio, non può essere definito in altro modo.
    Con l’aggravante, e di questo va dato atto a Federico Mosso, che il fascismo ha anche riportato in vita una dimensione ideale e spirituale (che non è però l’aspetto prevalente del fenomeno) mentre invece l’Europa di oggi, a guida tedesca, riporta in vita l’ideologia razziale – i popoli del sud costituzionalmente pigri e degenerati – allo scopo di compiere una rapina che ha solo ed esclusivamente una ragione economica.
    Se si dovesse definire cos’è il fascismo oggi, beh, non avrei dubbi: l’Europa è il fascismo.

  17. Pingback: Perché festeggiare oggi? Un motivo (tra i tanti) | Tagli·

Lascia un commento