Parigi in pillole: sul TGV

Stazione di Torino Porta Susa. Sali sul treno che ti porterà a Parigi. Una voce francese ti ricorda di togliere la suoneria al cellulare e di telefonare nello spazio apposito fra un vagone e l’altro, per non disturbare gli altri passeggeri. Sembra fantascienza, ma lo fanno, giuro.

Poi ti siedi e nel giro di un attimo il vagone è interamente invaso da un’allegra comitiva di tre famiglie italiane, con un totale di cinque bambini al seguito, approssimativamente fra gli otto e i tredici anni. I nostri eroi ci mettono circa 20 minuti a trovare i loro posti, bloccando con le loro ciclopiche valige il corridoio, pestando i piedi a chiunque si trovi nel raggio di un chilometro e urlando fino a svegliare i passeggeri che, saliti a Milano, speravano ingenuamente di dormire. Ciliegina sulla torta, due delle bambine scoppiano inspiegabilmente in lacrime.

– “Antoooooo, dov’è il 71?”
– “Ma non c’èèèèèè”
– “Maria, non siamo tutti vicini?”
– “Ma guarda sti c******i che non ci hanno messo vicini.”
– “Giorgio, ma il 25 e il 26?”
– “No, dai non piangere… la mammma è quiiiiiiiiiiii”
– “Non lo soooooooooooo dove sono. Ma che treno del c***o!”

Eccetera eccetera.

Ecco, a volte il mio odio per gli italiani all’estero inizia appena salita sul TGV.

Serena Avezza

11 risposte a “Parigi in pillole: sul TGV

    • Quello è indubbio, ma se parliamo di media statistica dopo aver visto metropolitane, bus e treni di Londra, Madrid, Barcellona, Parigi, Lisbona e Berlino posso assicurare con certezza scientifica che nelle classifica dei più maleducati sui mezzi pubblici gli italiani vincono con almeno 10 lunghezze di vantaggio.
      E la cosa davvero incredibile è che il discorso vale sia per gli autoctoni che che per chi va a vivere nel paese, visto che nelle suddette città anche quelli che noi chiamiamo “immigrati” si comportano in maniera assolutamente rispettosa (e sicuramente più degli italiani in visita).
      Questo è uno dei (vari) motivi per cui all’estero io e la mia ragazza in presenza di italioti parliamo rigorosamente in inglese per non farci riconoscere, non ne vado fiero, ma a volte siamo veramente troppo imbarazzanti.
      Saluti,
      Carlo Alberto

  1. Non avrei replicato a karlsg, mi aspettavo una legittima risposta del genere. Soprattutto da viaggiatori con un bagaglio di innumerevoli viaggi alle spalle.
    Certo che arrivare a parlare in inglese… che tristezza. Personalmente preferisco continuare a parlare Italiano dimostrando proprio che non ci sono solo maleducati in Italia.
    Ho visto stranieri che voi umani…

    • Anch’io “ho visto stranieri che voi umani”, così come ho visto italiani super educati e stra rispettosi, ma il mio è un discorso di comportamento medio: non fraintendermi, non è che io voglia nascondere l’essere italiano agli stranieri, anzi, il fatto di parlare in inglese è per non farmi riconoscere dagli italioti…
      Che poi se andiamo a vedere è così anche dentro i nostri confini, io per fortuna (ora) li frequento poco, ma quando devo usare i mezzi pubblici è sempre un dramma, tra gente che urla, spinge e litiga senza nessun ritegno…e ti dico, io ero a Parigi l’anno scorso a Marzo quando per una bufera di neve avevano soppresso quasi il 70% dei mezzi di superficie (in un mercoledì lavorativo, quindi puoi immaginare il disagio) e non ho mai visto queste scene, i treni erano stracolmi, ma nessuno che spingesse o cercasse di salire oltre il limite.
      Detto questo non credo che il senso dell’articolo fosse quello di denigrare gli italiani e l’italianità, ma evidenziare un problema che “abbiamo”, perchè continuare a far finta di niente o dire “ma anche gli altri lo fanno” non porterà sicuramente a un miglioramento: abbiamo un problema e il primo passo per risolverlo e ammettere di averlo.
      Saluti,
      Carlo Alberto

    • E qualcuno la rispetta? 😉 (Anche sul treno di cui parla l’articolo l’area silenzio in teoria ci sarebbe stata: il vagone…)

  2. E un vagone è pur sempre un vagone e forse chi desidera dormire sul treno dovrebbe prenotarne uno “letto” 🙂
    Mi dispiace leggere espressioni come ” il mio odio per gli italiani all’ estero” o ” in presenza degli italioti parlo in inglese per non farmi riconoscere ” e soprattutto credo che “evidenziare un problema che abbiamo” parlando un’ altra lingua, perché ci si vergogna, non sia esattamente un esempio di trasparenza.
    Io sono italiana e sono una persona educata e posso essere altrettanto infastidita dal caos creato da chi poco civilmente impone le ” abitudini di casa propria” in luoghi pubblici, ma non ne faccio una questione di nazionalità…che poi tutta sta gente che urla, che spinge, che litiga senza alcun ritegno, io sull’ autobus, sulla metro o in coda ad uno sportello non l’ho mai incontrata ( ma forse leggo un eccesso più voluto che reale).
    Buona serata,
    Arabella

    • Dal dormire al viaggiare senza essere disturbati ce ne passa…Nessuno pretende che stare sul treno sia come andare a teatro, ma da li a urlarsi da un lato all’altro del treno se si siano trovati i posti c’è una bella differenza.
      Tanto per fare un esempio reale, mio fratello era su Italo e si è beccato una famiglia che ogni volta che lo speaker annunciava le stazioni, questi facevano partire la ola e iniziavano a urlare “Sa-ler-no!Sa-ler-no!” non curanti dei presenti.
      O per citarne un altro che è capito a me, ero al Louvre in mezzo a centinaia di persone di ogni paese e a un certo punto si sentono delle urla volare per i corridoi: indovinate chi potevano essere?
      Il discorso della nazionalità è semplicemente per il fatto che negli altri paesi europei succede molto meno che da noi, e tutte le volte che parlo con amici o colleghi di altri paesi la loro immagine dell’italiano è “quello che urla sempre”, come noi immaginiamo il tedesco “quello sempre serioso e puntiglioso sul lavoro”…sono stereotipi, ma sulla media sono anche abbastanza affidabili.
      Saluti,
      Carlo Alberto

    • Ciao Arabella,
      chiaro che non tutti gli italiani all’estero sono maleducati e non rispettosi, per fortuna!, l’articolo era volutamente provocatorio, per far riflettere su un dato che è, però, indubbio.

  3. Il “dormire” l’ ho semplicemente ripreso dall’articolo.
    Al Louvre non ho mai avuto esperienze come la tua, ma non dubito che ti sia capitato. Ora però mi chiedo se dare dell’ italiota ad un tuo connazionale, cercando di passare inosservato in sua presenza, vada a risolvere quello che tu reputi un problema per noi italiani.
    A me, personalmente, del giudizio per stereotipi di francesi, americani, russi, etcetc non me ne può importare nulla, per il semplice fatto che posso dimostrare di non corrispondere a quell’ idea che di noi italiani il mondo può avere. E di italiani, non quelli famosi, non quelli che dovrebbero rappresentarci politicamente e pubblicamente, di italiani che quotidianamente senza nemmeno saperlo, portano del merito al nostro Bel Paese, e quindi a noi tutti, ce ne sono e non pochi.
    Ma per abbassare quell’ “antipatica media ” bisogna dare il buon esempio…
    Buona giornata,
    Arabella

  4. Ciao Serena,
    la provocazione l’ ho colta e, come ho già scritto, sono consapevole del dato.
    Mi piace però sottolineare che ognuno di noi, in Italia o all’ estero che sia, può dare un’ immagine migliore rispetto a quella presentata da una minoranza numerica di nostri connazionali.
    Arabella

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