Percorsi biografico-musicali: F come… Frozen Tears

Con la prossima lettera facciamo una virata radicale. In tutti i sensi: geografico, di peso e di genere. Ci lasciamo alle spalle gli U.S.A. e torniamo in Europa. O meglio, in Italia. O meglio, in Toscana. O meglio ancora, a Firenze. Ebbene sì, il prossimo gruppo del mio personale percorso biografico – musicale non è un grande nome della musica ma, più semplicemente, una realtà proveniente dalla scena locale della mia città. Last but not least, dopo classici del rock, del punk e un rapper andiamo ora a parlare di una band metal. Insomma una svolta non indifferente, decisamente soggettiva nonché generazionale.

Nondimeno si tratta di un capitolo importante.

F come… Frozen Tears

frozen tears
Vi consiglio: Frozen Tears, Metal Hurricane

Tracklist: Inner Vision / Forgotten Words / You Life Slows Down / The Sound of Infinity / The Right Side of the World / Fear of Tomorrow / Western Sun / The Evil / Rebel Souls / Some Heads Are Gonna Roll [Bonus Track]

Etichetta: Steelheart Records. Anno: 2004

Arrivi alla F e ti rendi conto che, di fianco a qualche nome noto sul panorama internazionale che meriterebbe un posto nel tuo percorso biografico-musicale, emerge un disco nella tua collezione. Un disco che non desta particolare attenzione ma che a te personalmente dice tante cose, molte più cose che non quei gruppi di gran caratura. Ti ricorda di te, della scena musicale locale in cui sei cresciuto, dei tuoi primi idoli underground, delle prime amicizie supportate da una passione comune: l’heavy metal. Solo dopo ti rendi conto che, effettivamente, un amante del metal come te non ha ancora inserito un gruppo metal nel suo percorso personale. Sdegno, vergogna. Pertanto la scelta alla F è fatta: Frozen Tears, band heavy metal fiorentina nata nel 1997 con 5 full-lenght all’attivo e tutt’ora in attività.

I Frozen Tears, come detto, mi ricordano il tempo che fu. Li scoprii se ricordo bene nell’estate del 2005 alla Festa dell’Unità di Scandicci [1] dove condividevano il palco con un gruppo di amici, i compianti Electric Fluid. Me n’ero andato lì col mio grande amico e compagno di sempre in diverse esperienze musicali, Niccolò, per supportare i nostri amici e per conoscere questo gruppo che si stava facendo un nome nella scena e che ancora non avevo ascoltato mai. [2] Dalle poche informazioni che avevamo era emerso che i nostri avevano uno stile molto classico, praticamente priestiano, sound compatto e tagliente.

frozen tears (1)L’interesse cresceva per il fatto che fossero già da alcuni anni sotto contratto discografico e che si stessero facendo un nome più fuori dall’Italia che altro. Insomma, per dei giovani metallari imberbi (oddio, avevamo entrambi già diversa barba in realtà), novizi della scena metal fiorentina, timidi suonatori in uno stile personale ma ancora abbastanza vago e incerto, il fascino per questo gruppo di musicisti più grandi e navigati di noi era già salito alle stelle. Ricordo per certo che fu un concerto epico: non eravamo in tantissimi, ma l’energia profusa dal quintetto fiorentino capitanato dai fratelli Taiti ci lasciò senza fiato, sbalorditi.

Caso volle che io, che tentavo di fare il cantante, fui travolto dallo stile praticamente halfordiano del frontman Alessio Taiti; invece Niccolò, autodidatta della chitarra, si fissò sul tocco e la maestria ritmica del chitarrista Leonardo Taiti. Fu un gran bel concerto anche se i suoni non furono eccelsi (era pur sempre una Festa dell’Unità, su un palco arrabattato alla meglio). Ma non era quello l’importante: a noi interessava fare gruppo, fare scena, trovare spirito di condivisione attraverso quella passione che ti condannava all’isolamento[3] Mentre tornavamo a casa entusiasti e con la nostra copia del loro terzo album, Metal Hurricane, non trovavamo le parole per esprimere la nostra ammirazione e il nostro rispetto per un gruppo così coinvolgente e tecnicamente preparato.

Divennero un po’ i nostri miti dell’underground, tanto che mi son trovato a citarli in alcuni dei miei testi primordiali sul metal che purtroppo non hanno mai visto la luce. Ogni volta che era possibile siamo tornati a vederli live, ma il vero onore per noi è stato sapere che Leonardo Taiti alcuni anni dopo era passato a un nostro concerto e aveva apprezzato il nostro sound. Era forse il riconoscimento che più di ogni altro ci premeva. I nostri sono ancora in attività anche se si vedono un po’ meno al giro, complice il fatto che tra lavoro, famiglia, convivenze e affini il tempo per dedicarsi alla musica si è andato a restringere. Nondimeno sono ancora presenti e questo è il miglior esempio di passione genuina che io abbia mai visto e/o sperimentato di persona nell’underground metal toscano.

Metal Hurricane è un disco che mi ha accompagnato in quel periodo, fiancheggiando i più poderosi nomi dei Maiden, dei Metallica, dei Saxon e via così. C’era sempre almeno un giorno alla settimana in cui puntualmente finiva nel mio caro vecchio lettore CD portatile. La traccia d’apertura, Inner Vision, è un manifesto d’intenti come nella più tipica delle tradizioni metal: riff classico e letale, muro sonoro, chitarre urlanti, sessione ritmica tellurica e una presenza vocale ficcante, versatile nel passare dai puliti ai graffiati sui toni medio-alti, fino a notevoli picchi di acuto.

frozen tears (3)I passaggi ritmici però non si contentano della linearità tipica del sound heavy, alternando diverse dinamiche e dando così movimento al tutto, specialmente durante il refrain. I Frozen Tears non erano insomma delle copie di qualcosa di già sentito, ma inserivano diverse note di personalità all’interno del solco stilistico prescelto senza alterarne i capisaldi. L’intero disco si muoveva su questo territorio e su queste coordinate, tornando alternativamente su territori più integralmente classici, ad esempio in The Evil o nella mitica Your Life Slows Down.

Non mancavano poi anche virate verso territori melodici come nella strumentale Western Sun o in The Right Side of the World. Invece episodi di grande personalità stilistica che meritano di essere sottolineati sono a mio avviso l’adrenalinica e rabbiosa The Sound of Infinity così come la conclusiva Rebel Souls dove all’impatto violento iniziale subentrano progressivamente soluzioni armoniche, sempre sfruttando la versatilità della sessione ritmica. Ma il pezzo che sin da allora mi conquistò senza se e senza ma, e che rappresenta probabilmente il momento migliore dell’intero album è Fear of Tomorrow: perfetto e azzeccato bilanciamento tra assalto frontale metal, aperture melodiche e passaggi rallentati, particolarmente durante il ritornello che è di quelli destinati a piantarsi in testa fin dal primo ascolto.

Son passati quasi dieci anni da allora. Ogni tanto, quando ripenso a quel ragazzo che fu e a quella passione nascente (e che ancora è), non posso fare a meno di ricordarmi della scena fiorentina di quegli anni e in particolare dei Frozen Tears. Accanto ai miei idoli lontani c’era un nutrito gruppo di band locali, ragazzi un po’ più grandi di me ma pur sempre ragazzi. Senza spocchia, senza troppe manie di grandezza quali purtroppo si vedono sempre più tra gli esordienti e gli emergenti nostrani.

In Metal Hurricane c’è una parte importante di me e della mia formazione musicale nella palestra dell’underground metal fiorentino. La loro è una lezione di genuinità e di essenzialità, ma allo stesso tempo è cura e personalizzazione della formula in modo da non divenire banali casse di risonanza di qualcosa che è già stato. Gli stilemi del metal ci sono tutti, ma sono organizzati in una struttura fresca e incisiva; nulla è lasciato al caso e di rado l’attenzione cala perché la proposta rassomiglia a qualcosa di già sentito. E secondo questa piccola, grande lezione ho cercato di improntare le mie esperienze da musicista. Non potrò dire di aver visto esordire chissà quale stella del panorama metal italiano, ma sarò sempre e comunque fiero di essere cresciuto e di aver diviso la scena con un gruppo come i Frozen Tears.

doc. NEMO

@twitTagli


[1] Si chiamavano ancora così ed erano ancora feste in cui si riconosceva una certa sensibilità di sinistra. Tanto per farvi un’idea, qui in Toscana non era raro che gruppi emergenti (metal e non) trovassero in questi contesti il loro primo palco, specialmente se la festa si svolgeva in provincia. Saranno anni che non vedo gruppi metal o similari alle rinnovate Feste Democratiche, forse la sinistra si è moderata un po’ troppo. Ma questa è un’altra storia…

[2] Oramai lo sapete che ho una certa età, comunque ci tengo a precisare che allora non stavi eternamente connesso a internet cercando su YouTube, MySpace & co. di conoscere un gruppo della tua zona: il modo migliore era muovere le chiappe e recarsi a un concerto, magari segnalato su uno dei diversi forum di supporto alla scena che già iniziavano a proliferare o direttamente sul passaparola.

[3] Insomma eravamo alla ricerca di quella fantomatica metal brotherhood che forse allora aveva ancora un significato profondo ma che, ahimè, nel corso del tempo scoprimmo essere poco più che un concetto retorico e vuoto di significati.

3 risposte a “Percorsi biografico-musicali: F come… Frozen Tears

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  2. Ogni tanto, almeno dalle vostre parti, anche alle nuove Feste del Pd qualche gruppo hard rock o metal, magari già più o meno navigato anche se sempre definibile underground, si vede ancora in realtà, ma da quello che dici te intuisco in effetti che cmq la presenza di certi generi è calate effettivamente rispetto a un tempo.

    • Ciao Alessio. Guarda, non dico che il rock sia stato bandito dalle Feste Democratiche in Toscana, solo che per un gruppo troppo “spinto” su territori hard, hard’n’heavy è difficile suonarvi. Prima era assai più semplice, anzi era una delle occasioni principali per esibirsi soprattutto per gli emergenti: 6-7 anni fa con gli amici facevamo i giri delle Feste dell’Unità a Firenze e provincia per sostenere amici o per andare a sentire gruppi nuovi. Poi evidentemente qualcosa deve essersi rotto.

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